L’azienda friulana – leader per pergole e tende da sole di design – insieme a un gruppo di
ricercatori dell’Università di Modena e Reggio Emilia e dell’Università Iulm di Milano. Nella sede di quest’ultima, sono stati illustrati gli effetti dell’esposizione alla luce naturale su stili di vita e salute. La ricerca si basa sulle più recenti scoperte in merito al funzionamento del ritmo circadiano, che sono valse il premio Nobel per la medicina nel 2017
“Dopo il decennio della alimentazione, culminato con l’Expo di Milano, in cui i nuovi dati sperimentali si sono tradotti in pratiche nutrizionali differenti e in stili di vita coerenti a quei dati, probabilmente è arrivato il momento di aprire il decennio della luce, in cui la giusta esposizione alla luce naturale entri nelle pratiche architettoniche, negli stili di vita, e – perché no – in un nuovo protocollo normativo per le unità abitative di nuova generazione”.
È cominciata così la presentazione del progetto Pratic intitolato Healthy Lighting, ricerca neuro-scientifica relativamente agli effetti della luce sugli stili di vita, sul design, sui processi neuro-cognitivi tenutasi questa mattina all’Università Iulm di Milano.
La ricerca Healthy Lighting riunisce i più recenti studi internazionali in materia facendoli confluire su un terreno comune con temi che toccano l’interesse di tutta la società. Di qui la composizione del tavolo dei relatori: per l’Università Iulm di Milano, il semiologo Stefano Calabrese, per l’Università di Modena e Reggio Emilia, il narratologo Claudio Dolci, la psichiatra Silvia Ferrari, l’estetologa Serena Zaniboni. Insieme a loro, Edi Orioli, vicepresidente di Pratic e Fabrizio Ferretti, ingegnere e product manager dell’azienda.
L’idea nasce da un gruppo di lavoro che ha riunito in modo fruttuoso il mondo dell’azienda privata con quello accademico. Pratic è nata nel 1960 in Friuli e promuove da sempre la vita open-air secondo criteri di design avanzato ed estetica funzionale.
A questi capisaldi, si aggiunge oggi la volontà di sviluppare e condividere una conoscenza approfondita e con valenza scientifica sui benefici che si ottengono quando ci si espone alla luce, fondamentale regolatore – insieme al buio – del nostro ritmo circadiano, straordinario meccanismo evolutivo che ogni 24,5 ore sincronizza i ritmi fisiologici e il corpo umano.
L’insieme di queste indagini evidenzia come i fattori tipici dello stile di vita moderno – tra cui l’eccessiva esposizione alla luce artificiale, il lavoro su turni, le nuove tecnologie e il bisogno di rimanere sempre connessi – portino a una progressiva desincronizzazione di questo ritmo, inducendo una riduzione del rilascio di melatonina e un ritardo dell’inizio del sonno; ma anche a una carenza cronica di vitamina D, che si registra nella quasi totalità della popolazione occidentale. Importanti indicazioni vengono fornite anche in merito alla tipologia di luce artificiale da impiegare – sia per quanto riguarda la lunghezza delle onde sia per il colore.
Ciò che emerge con chiarezza è la necessità per l’uomo di riappropriarsi di una vita outdoor fatta di luce naturale, ma anche di una corretta fruizione del buio.
L’importanza della luce e del suo effetto regolatore sul ritmo circadiano è stata riconosciuta nel 2017 dal Nobel per la medicina, assegnato a Michael Rosbash, Jeffrey C. Hall e Michael W. Young proprio per i loro studi sul nostro “orologio biologico interno” e, conseguentemente, sugli effetti positivi della vita all’aria aperta per l’essere umano.
Sintesi della ricerca
Healthy Lighting: Semiosi della luce. Ricerca neuro-scientifica relativamente agli effetti della luce sugli stili di vita, sul design, sui processi neuro-cognitivi*
Apologia della luce
Dal dormire all’essere concentrati, passando per l’appetito e la temperatura corporea, sono tutti aspetti che gravitano attorno alla secrezione di ormoni ed il rapporto tra l’uomo e l’ambiente esterno, in particolare alla presenza o assenza di luce.
Secondo una ricerca di Karen Gamble (2014) tutte queste attività dipendono dall’attivazione di ormoni che si relazionano con l’ambiente esterno seguendo un ciclo di 24,5 ore, formato dall’unione di un meccanismo endogeno con uno esogeno. È un orologio biologico che necessita di indizi – zeitgebers – per regolarsi ma che è anche in grado di agire autonomamente nel caso in cui una delle due componenti venisse a mancare incappando però in scompensi nel lungo periodo.
L’indizio principale è la luce, che condiziona la regolazione del ritmo circadiano. Se l’essere umano viene privato di zeitgebers come questo, si può assistere, nell’arco di qualche settimana, a un’alterazione del ritmo di sonno/veglia fino a cicli di 30/36 ore.
L’elemento luminoso non è l’unico indizio dato che intervengono altri fattori esterni come il traffico, la presenza di persone o il rumore delle fabbriche, ma la luce resta di primaria importanza, basti pensare a come una scorretta esposizione ad essa possa procurare effetti dannosi per la salute umana.
Come e perché sono gli occhi a regolare le nostre esistenze
La luce giunge all’uomo attraverso l’occhio, che è quindi direttamente coinvolto nel processo di regolazione del ritmo circadiano.
A individuare il fotorecettore responsabile di questa funzione è stato David Berson, della Brown University, il quale ha scoperto delle cellule gangliari, le mRGCs, che esprimono un fotopigmento, noto come Melanopsina.L’attivazione di queste cellule avviene lentamente e coinvolge il nucleo soprachiasmatico che regola il ritmo circadiano. Dalle ricerche condotte da Ruiqi e colleghi, inoltre, si evince come le cellule mRGCs siano più sensibili ad una luce dalla lunghezza d’onda corta, vicino al colore blu; mentre altri studi indicano come queste cellule siano presenti in maggiore quantità nella parte inferiore della retina, conferendo quindi un ruolo prioritario alla luce proveniente dall’alto.
Luce artificiale + indoor VS luce naturale + outdoor
Risulta pressoché impossibile immaginare l’attuale società senza la costante presenza di luce artificiale, eppure quest’ultima non è una perfetta sostituta di quella naturale.
Dallo studio condotto da Kenneth P. Wright e colleghi, pubblicato su Cell, emerge infatti come sin dalle prime luci dell’alba la luce naturale arrivi a 3074 ±1035 lux, mentre quella artificiale si assesti sui 934 ± 867 lux. Al calar del sole, invece, il rapporto si inverte, privando l’uomo del buio, alleato imprescindibile per il corretto funzionamento del ritmo circadiano.
Da questo studio, inoltre, emerge la spiegazione ad un fenomeno comune, ovvero quello relativo alla stanchezza che sopraggiunge poche ore dopo la sveglia, orario in cui invece dovrebbe esserci una maggiore vigilanza ed attività cognitiva. La spiegazione del fenomeno andrebbe ricercata nella prolungata esposizione a luci artificiali durante la notte, le quali posticipano questo deficit cognitivo rispetto alla sua originaria collocazione, ovvero prima del risveglio.
Gli eccessi della luce artificiale
Tra le abitudini che interferiscono con il corretto funzionamento del ritmo circadiano, quella di esporsi alla luce di monitor a Led nelle ore serali è forse la più comune.
Dagli studi di Cajochen e colleghi si evince come la luce emessa dai moderni dispositivi informatici raggiunga i 460 Nm, proprio nello spettro della luce blu, la quale attiva maggiormente la Melanospina mandando un segnale contradditorio all’orologio biologico: quest’ultimo, infatti, invece di attivare il processo che conduce al sonno, lo posticipa. Tali effetti sembrano diminuire quando la luce possiede lunghezza d’onda di 550 Nm.
Dalle ricerche di Anna-Marie Chang e colleghi, pubblicate su PNAS, su un campione di 1.508 americani, ben il 90% utilizza un dispositivo elettronico un’ora prima di coricarsi a letto diverse sere alla settimana. Tra gli effetti evidenziati dalla ricercatrice, studiando le conseguenze della lettura con e-Reader, vi è una soppressione della melatonina pari al 50% ed una minore permanenza nella fase REM rispetto a chi non si espone a questi dispositivi.
La melatonina: come l’outdoor entra nelle nostre esistenze
La presenza della luce inibisce la produzione di melatonina, mentre il buio la favorisce. Com’è noto, la melatonina induce il sonno, ma non solo.
Dalle ricerche di Till Roenneberg e Martha Merrow, pubblicate su Cell, la melatonina sarebbe implicata nei processi di cancerogenesi; infatti, oltre ad essere un ormone, sarebbe anche un importante spazzino delle specie reattive dell’ossigeno. Pertanto l’esporsi alla luce di notte inibisce la produzione di melatonina, favorendo il propagarsi di queste specie reattive e delle relative conseguenze.
A sostenere questa visione sono soprattutto i dati dell’incidenza di tumori sulle persone che lavorano durante le ore notturne, tant’è che è la stessa O.M.S. a mettere in guardia; ma il problema non si ferma a loro. Il Social Jet Leg (S.J.L), infatti, una forma di disallineamento meno acuta tra orologio interno ed esterno, si può riscontrare in una differenza tra ore dormite nei giorni feriali ed in quelli festivi.
L’essere mattinieri, così come l’essere attivi durante le ore serali è connesso al cronotipo, che vede per l’appunto due estremi, quali i gufi e allodole.
L’appartenere ai gufi, che si addormentano e svegliano tardi, potrebbe essere connesso proprio alla presenza di un’eccessiva esposizione alla luce artificiale e una ridotta a quella naturale, come suggerito da Wright e colleghi.
Dal punto di vista del colore, invece, vi è contraddizione tra i dati sul ritmo circadiano e sulla psiche. Se le gradazioni di luce blu attivano la veglia sul piano circadiano, su quello psicologico invece rilassano. L’esatto opposto avviene per il colore rosso.
Architettura e luce
L’architettura luminosa deve garantire abitabilità, wellness e performances ottimali ai fruitori. Operazioni strategico-intenzionali possono, oltre a illuminare, agevolare le attività circadiane, risaltare piani e spazi, provocare emozioni.
Un buon progettista opera su dosaggio e direzione dei fasci, avviando una selezione quantitativa e modale. Per quest’ultima, si considera la luce un’onda direzionabile per orientamento verticale, orizzontale o, genericamente, diagonale. Quella orizzontale, il caso più comune, si presenta in termini di intervento sul piano verticale dell’abitato: tagli e finestre scandiscono le sezioni dell’edificio come unità per il bersaglio luminoso.
Stabilirle non è solo un’esigenza funzionale, ma anche un filtro necessario per l’interazione simbolica indoor-outdoor: ciò che sta al di fuori dello spazio protetto viene, tramite l’elemento dell’apertura, sottoposto a selezione e/o manipolazione. Il controllo è finalizzato al riparo benefico, concetto primario per gli healthy outdoors.
La vita come una pergola
La luce verticale si ottiene con tagli sul piano orizzontale, tipicamente sul soffitto, e data l’evoluzione anatomica dell’uomo, che vede la concentrazione delle cellule mRGCs quasi totalmente sulla parte bassa della retina, tale illuminazione risulta essere ideale per l’healthy lighting; essa infatti, si accosta alle condizioni luminose dell’ambiente naturale.
Anche il luogo di lavoro, per una corretta illuminazione, dovrebbe avere finestre per almeno il 20% della superficie. Occorre inoltre ricordare che l’essere umano non si è evoluto per la sola esposizione alla luce, ma anche al buio.
L’insieme di queste considerazioni, e l’eccessiva presenza di luce artificiale nello stile di vita attuale, impongono la creazione di spazi che permettano all’essere umano di beneficiare di un’adeguata esposizione alla luce naturale. Occorrono quindi ambienti protesi verso l’esterno fruibili tutto l’anno e che diano quindi la possibilità di stare alla luce solare durante il giorno, al riparo dai danni alla pelle, e del buio durante le ore serali, lontano da luci dalla lunghezza d’onda corta.
In tal senso, la pergola, così come altre forme di estroflessione dell’interno verso l’esterno, riesce a raggiungere tale scopo.
Vitamina D, outdoor e luce
Il sole, oltre ad essere fondamentale per il ritmo circadiano, è coinvolto nella sintesi della vitamina D, indispensabile per le ossa e per il sistema immunitario. Una vita al chiuso impedisce la sintesi di una corretta quantità di questa vitamina, mentre l’eccessiva esposizione al sole è connessa all’insorgenza di eritemi, danni al DNA e melanoma (Hart et al., 2011; Manson et. al, 2011).
Se d’estate possono bastare dai 6 agli 8 minuti di sole a metà mattina o pomeriggio, d’inverno diventano dai 7 ai 40, rendendo arduo raggiungere l’esposizione adeguata. Pigmentazione e latitudine, inoltre, modificano sensibilmente queste indicazioni generali. Diventa quindi importante esporsi alla luce naturale, ma proteggendo la propria pelle dai possibili danni del sole.
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